Da Agrabah un progetto per supportare le famiglie a distanza durante il lockdown e continuare a perseguire obiettivi con i ragazzi. Un modo per favorire un cambiamento che sia anche l’opportunità di sviluppare nuove competenze e alleanze tra genitori e operatori.
Per le famiglie dei ragazzi con autismo questo periodo di emergenza, con la chiusura dei centri diurni e la sospensione delle attività abituali, è molto delicato. Agrabah Onlus ha attivato uno sportello di supporto telefonico presso le sue due sedi di Santomato e Gello, ai quali i genitori si possono rivolgere fin dalla metà del mese di marzo per ricevere sostegno e consigli. Non solo: l’associazione ha messo a punto un programma sostitutivo per continuare a seguire i propri utenti a distanza. «A farci paura è soprattutto il rientro – spiega Alvaro Gaggioli, presidente di Agrabah – perché con l’interruzione dei servizi temiamo che i nostri figli possano aver perso le competenze acquisite in tanti anni di lavoro. Oltretutto, al momento non sappiamo di preciso per quanto tempo si protrarrà l’attuale situazione. Abbiamo bisogno di stare vicini ai ragazzi evitando i rischi (di contagio, nda) e al contempo facendo sì che i risultati ottenuti finora non vadano persi».
La chiusura del centro di Santomato e della Casa di Gello è stata disposta, su invito della Sds pistoiese e dell’Ausl Toscana Centro, a partire dal 9 marzo e nei giorni successivi è stata accompagnata dall’avvio dello sportello telefonico, svolto da operatori e psicologi della Onlus. Successivamente l’associazione, in accordo con l’Asl e con le linee guida nazionali su covid e autismo (come emergono dal rapporto dell’Istituto superiore di Sanità e dalle indicazioni operative della Società italiana di neuropsichiatria dell’infanzia e dell’adolescenza), ha scelto di rendere quel servizio una forma vera e propria di teleassistenza e teleriabilitazione, implementandolo progressivamente anche attraverso una stretta collaborazione con altre realtà toscane specializzate nel trattamento dell’autismo. «Il lavoro a distanza è un po’ una sfida, per la quale sono importanti sia la motivazione dell’operatore sia la percezione di questo servizio a casa, da parte dei familiari», dice il direttore sanitario, Michele Boschetto. «L’idea di fondo è dare continuità assistenziale ed educativa ai progetti già in atto nei due centri», precisa.
Il progetto è partito dall’invio di materiale informativo, come il testo realizzato dalla Società italiana per i disturbi del neurosviluppo (Scudo al Covid-19 per PcDI v. 1.5) per aiutare a fronteggiare lo stress di questo periodo e una storia sociale costruita e ideata appositamente per persone con disabilità intellettiva, finalizzata a spiegare loro i cambiamenti legati all’emergenza e le corrette abitudini di comportamento da adottare. È stato inoltre messo a disposizione un modello di certificazione per gli spostamenti.
In questa nuova modalità di lavoro a distanza, lo staff medico – psicologico e gli operatori condividono con i familiari e gli utenti alcuni obiettivi da perseguire a casa: vengono quindi definite le relative strategie operative, sostenute con videochiamate anche quotidiane, nonché con la preparazione e consegna dei materiali o dei supporti di comunicazione necessari. Se non è possibile coinvolgere direttamente l’utente nelle videochiamate, gli obiettivi vengono portati avanti solo con i genitori (parent coaching). La realizzazione del servizio si avvale di video e file multimediali in genere, condivisi attraverso piattaforme come Skype, WhatsApp, Zoom o Hang Out: gli educatori possono ad esempio intervenire sulla gestione dell’alimentazione, in fatto di attività motoria o semplicemente partecipare a ciò che i ragazzi svolgono a casa, come la preparazione di una torta o il riordino di una stanza. Tra le attività più richieste ci sono quelle legate all’invio a domicilio di materiali provenienti dalle strutture, come semi e piantine da coltivare o semilavorati in ceramica da decorare.
«All’inizio il lavoro a distanza incontra alcune resistenze, sia rispetto all’uso di tecnologie poco abituali sia per il cambiamento che richiede per tutti, operatori e famiglie: è importante insistere e spesso se si riesce a provare con convinzione si possono attivare risorse e motivazioni inaspettate», afferma Boschetto. Tra gli ostacoli principali possono esserci difficoltà linguistiche, tecnologiche o economiche, che Agrabah punta a superare per favorire un cambiamento tale da consentire di lavorare su obiettivi e contenuti anche in questa nuova modalità. Oltre al sostegno psicologico, viene portata avanti una verifica strutturata delle variazioni dei ritmi di base e dello stato clinico e, se necessario, è possibile attivare una consulenza psicofarmacologica in collaborazione con gli specialisti del servizio pubblico. Saranno raccolte strada facendo, inoltre, altre richieste e istanze provenienti dalle famiglie. «Alla fine di questo periodo chiederemo dei feedback sulle prestazioni effettuate – conclude Boschetto – per capire cosa ha funzionato e cosa, invece, può essere migliorato. Per molti aspetti questa è una fase di esplorazione: le criticità rappresentano anche un’opportunità per sviluppare nuove competenze domestiche, per creare nuovi gruppi e per dare luogo a nuove alleanze tra genitori e operatori».